La “Buona Scuola”rispetto al processo di inclusione degli alunni diversamente abili sembra fare un passo avanti e due indietro. Infatti se andiamo a leggere i commi 180 e 181 dell’art. 1 della legge 107/2015, uno di questi riguarda il processo di inclusione scolastica. Il comma 181, e più nello specifico alla lettera C. dice che la “promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione” avverrà attraverso “la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria”. La legge sembra ipotizzare una figura di insegnante di sostegno superspecializzato, in questa direzione andavano infatti tutti i recenti percorsi abilitanti e o di specializzazione istituiti, non più agganciato ad una classe di concorso o ad un ambito disciplinare, ma formato attraverso una formazione universitaria molto settoriale e centrata sui temi della disabilità.
In quest’ottica sembrerebbe venire meno il principio che ispirò le leggi 517 del 1977 (istituzione della figura dell’insegnante di sostegno) e 270 del 20/05/1982(ruolo dell’insegnante di sostegno), che vedevano nell’insegnante di sostegno una risorsa in più assegnata alla classe, ma vincolavano il successo del processo di integrazione al coinvolgimento di tutto il gruppo docente e consiglio di classe. L’insegnante di contesto, in questo sistema, diventava una sorta di regista del processo di integrazione, ma ogni docente doveva svolgere il proprio ruolo all’interno di tale processo, evitando quelle situazioni di delega che tante volte sono state registrate in varie realtà. La legge 107 sembra invece prediligere la figura di un docente di sostegno fortemente specializzato, inserito in uno specifico ruolo professionale con il rischio che il processo di delega sarà totale da parte degli altri colleghi non specializzati, la deresponsabilizzazione del consiglio di classe o del gruppo docente verso il processo di inclusione, rischiando di andare contro quelli che sono i principi stessi dell’inclusione così come previsto anche dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Naturalmente noi ci auspichiamo che nessuno interpreti in maniera restrittiva la legge 107 tanto da portare a questi risultati. Se così fosse verrebbero cancellati 40 di faticosa integrazione e si tornerebbe al modello culturale della separazione, anche se realizzato dentro le classi comuni, in quanto inevitabilmente gli alunni disabili diventerebbero gli alunni dell’insegnante di sostegno. Sappiamo che questo stretto legame tra insegnante di sostegno e alunni disabili non dispiace a molte associazioni dei genitori dei disabili, giustamente preoccupati della mancanza di continuità che la scuola non sempre riesce a garantire nel processo di integrazione. La strada da prendere , molto più innovativa sarebbe quella della specializzazione sui processi di inclusione per tutti i docenti; solo questo potrebbe dare un impulso innovativo, con una forte assunzione di responsabilità da parte di tutti.