Stamattina abbiamo ripreso la poesia di Giuseppe Bordi, 27 gennaio, e abbiamo parlato del razzismo, perché quello che è successo, la Shoah, è frutto di razzismo puro. Per spiegare meglio, concretamente il concetto, ho portato a scuola alcune mele per la merenda, le ho messe sulla cattedra e assieme ai bambini le abbiamo osservate una alla volta. I bambini hanno descritto il diverso colore di ciascuna: una verde, una rossa e una con striature tendenti alle diverse tonalità del rosso. Ci siamo soffermati sul fatto che tutte e tre fossero rotonde, più o meno della stessa grandezza, tutte e tre profumate, tutte e tre avessero il picciolo, ecc; i bambini le hanno osservate attentamente, toccate e sentito il profumo.
A quel punto, ho preso la mela più grossa tra tutte e ho cominciato a vantarne le qualità dicendo che mi piaceva molto, che il suo colore rispetto alle altre era di gran lunga più bello, che le altre a confronto non valevano niente e che di sicuro erano disgustose, avevano un colore orribile e il loro picciolo era troppo corto. Ho cominciato a dire le parole più belle sulla mela che avevo scelto, denigrando con parole brutte le altre mele: ” Ma guardate qui questa mela. Non è di sicuro la più bella? Io la trovo perfetta, a differenza delle altre che potrei anche buttare nel cestino!”. I bambini mi hanno guardata e hanno cominciato a “prendere le difese” delle due povere mele che io avevo disprezzato, dicendomi che erano bugie e non era affatto vero che le altre mele fossero brutte o disgustose e che seppure più piccole o di colore diverso da quella che preferivo io, erano pur sempre mele. Ho ribattuto dicendo che poiché non mi piacevano, volevo che anche loro le disprezzassero.
Ma secondo loro non era una cosa giusta
A quel punto ho messo nuovamente le tre mele vicine sulla cattedra soffermandomi sulle loro somiglianze e differenze. È stato allora che le ho tagliate a metà e ho chiesto ai bambini cosa notassero. Mi hanno risposto che erano tutte bianche e non c’era nessuna differenza. Ho concluso dicendo che in natura esistono diverse varietà di mele, ognuna ha un colore diverso e un sapore diverso, ma tutte all’interno sono esattamente uguali. Ho poi diviso le mele a spicchi e ognuno ne ha preso un pezzetto: era impossibile a quel punto riconoscere le mele che inizialmente avevamo descritto.
I bimbi sono arrivati alla conclusione che esistono diverse razze, diversi colori di pelle, ma è un fatto puramente esteriore perché dentro siamo tutti uguali. Come i fiori di un giardino: tanti tipi di fiori, varietà di colore, forme e profumi diversi, ma tutti concorrono a riempire di bellezza un giardino o un prato. Ho chiesto ai bambini cosa fosse per loro il razzismo e cosa significasse la parola razza e ognuno ha dato a suo modo una risposta. C’è chi ha detto che non è giusto trattare male un altro solo perché ha un colore della pelle diverso dal nostro; c’è chi ha detto che siamo tutti uguali perché tutti abbiamo due occhi, un naso, una bocca e internamente tutti abbiamo un cuore, due polmoni ecc. Ho detto che esistono diversi tipi di razzismo che nin riguardano solo il colore della pelle, ma sono due le parole chiave che dobbiamo tenere in mente: rispetto e tolleranza. Rispetto perché un rapporto con l’altro deve sempre basarsi sul rispetto reciproco: rispetto del diverso punto di vista, rispetto dell’opinione contraria alla propria, rispetto dell’altro come persona soprattutto. Tolleranza come atteggiamento di indulgenza nei riguardi dei comportamenti, delle idee o delle convinzioni altrui, anche se in contrasto con le proprie, senza esserne allo stesso tempo danneggiati.
Siamo tutti uguali e spesso sono i pregiudizi che ci portano a concezioni sbagliate, come nella favola “La storia di Cappuccetto rosso raccontata dal lupo” di Lief Fearn che abbiamo letto e commentato. E come disse Albert Einstein quando gli chiesero a quale razza appartenesse, appartengo ad una sola razza, “la razza umana”.
È scritto nella poesia: “Sogno che bruci ogni razzismo dentro il fuoco dell’altruismo, sogno la nascita di nuovi ideali dove gli uomini siano tutti uguali”.
Zina Cipriano